AGM Solutions

Perché l’AI sta trasformando (per sempre) il mestiere del software developer

Dall’esperto di Java al profilo ibrido vicino al data scientist: lo sviluppatore moderno non può più limitarsi a scrivere codice ma deve adattarsi a una rivoluzione fatta di comprensione dei dati, cambio di mentalità e nuove competenze, sia tecniche che strategiche.

di Furio Barbagallo, Senior IT Manager AGM Solutions

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il panorama tecnologico a una velocità senza precedenti, e con esso anche il ruolo degli sviluppatori di software. Se fino a qualche anno fa essere un esperto di Java o di un altro linguaggio di programmazione era sufficiente per costruire una solida carriera, oggi le aspettative e le competenze richieste sono cambiate radicalmente.

Ricoprendo oggi il ruolo di Senior IT Manager, ho assistito in prima persona a questa evoluzione e posso confermare come il “mestiere” dello sviluppatore si stia completamente ridefinendo, scivolando da una focalizzazione puramente tecnica a un profilo più ibrido, spesso vicino a quello del data scientist.

La fine dell’era del “solo codice”

Tradizionalmente, il lavoro di questa figura era centrato sulla scrittura di codice e sulla creazione di architetture software affidabili: un esperto di linguaggio Java, per esempio, passava ore a ottimizzare algoritmi, ad effettuare il debug di applicazioni di classe enterprise e a integrare sistemi complessi. Con l’avvento dell’AI, il codice sta diventando sempre più un mezzo, e non più un fine. Strumenti di automazione come GitHub Copilot o Amazon CodeWhisperer, soluzioni agent‑based e piattaforme low-code/no-code intervengono sulle attività ripetitive, automatizzano parti del ciclo di sviluppo e liberano tempo ai developers per concentrarsi su problemi più strategici.

Gli sviluppatori che utilizzano assistenti AI, come riportano diversi studi, possono completare i task loro assegnati con una velocità fino al 50% superiore rispetto al passato, ma (come riporta la notizia sul sito Windows Central) episodi come quello che ha visto protagonista Replit, dove l’intelligenza artificiale ha eliminato involontariamente un database di produzione, rimarcano ancora una volta l’importanza del controllo umano.

Per contro, è indubbio il fatto che, oggi, non è più sufficiente sapere come si scrive un “ciclo for” (una struttura di controllo iterativa che permette di eseguire ripetutamente un blocco di codice per un numero determinato di volte) o come si struttura una classe. Gli sviluppatori devono comprendere il contesto in cui il loro codice opera, soprattutto quando si tratta di sistemi basati su AI, e questo significa acquisire competenze in ambiti come il machine learning, l’elaborazione dei dati e la gestione di modelli predittivi.

L’ascesa del data scientist “ibrido”

Uno dei cambiamenti più significativi a cui già accennavo qualche riga sopra, è la convergenza tra il ruolo del software developer e quello del data scientist, con i primi chiamati sempre più spesso a svolgere compiti di norma affidate ai secondi. Non è assolutamente raro vedere uno sviluppare lavorare su pipeline di dati, addestrare modelli di machine learning o ottimizzare algoritmi di deep learning, attività che un tempo erano riservate a specialisti.

Cito un paio di dati, pubblicati sull’edizione online del Financial Times, che rende bene l’idea della portata della trasformazione in atto: oggi il 92% degli sviluppatori negli Stati Uniti impiega strumenti di intelligenza artificiale nel flusso di lavoro quotidiano mentre una popolare piattaforma di testing come SWE‑bench ha confermato che la capacità di risolvere problemi di programmazione dell’AI è aumentata dal 4% del 2023 al 69% del 2025.

Cosa c’è dietro questo passaggio? La risposta è “semplice”: la necessità delle aziende di integrare strumenti generativi e agenti intelligenti direttamente nei prodotti e nei processi. Si pensi a un’applicazione mobile che utilizza un modello di raccomandazione personalizzato: chi meglio di uno sviluppatore può garantire che il modello sia integrato in modo efficiente nell’app? Tuttavia, per farlo, deve conoscere non solo il linguaggio di programmazione, ma anche librerie come TensorFlow o PyTorch e avere una comprensione di base di concetti avanzati come l’overfitting, ossia un comportamento di machine learning indesiderato.

Le competenze chiave per il futuro

Per adattarsi a questa nuova realtà, gli sviluppatori hanno una sola strada da intraprendere ed è quella di ampliare il loro set di competenze, hard e soft. Ecco, a mio avviso, alcune aree su cui concentrarsi:

  • Conoscenza e gestione dei dati: imparare a lavorare con grandi dataset, utilizzare strumenti come SQL e comprendere come pre-processare i dati per l’AI.
  • Fondamenti di machine learning: apprendere i principi base algoritmici come la regressione lineare, le reti neurali o gli alberi decisionali.
  • Deployment e integrazione: saper distribuire e monitorare modelli di AI in produzione, utilizzando container come Docker o piattaforme cloud come AWS e Azure.
  • Soft skills e collaborazione: migliorare la visione d’insieme del business e la capacità di comunicare con data scientist e product manager per massimizzare la collaborazione con team multidisciplinari.

Un cambio di mentalità

Agli sviluppatori, inoltre, è richiesto un grande in termini di mindset: non si tratta, infatti, di essere solo “risolutori di problemi tecnici”, ma di diventare veri e propri innovatori e orchestratori della tecnologia. Un developer moderno deve porsi domande come: “Come posso usare l’AI per migliorare l’esperienza utente?” oppure “Quali dati possiamo sfruttare per prendere decisioni migliori?”. Questo approccio richiede curiosità, capacità di apprendimento continuo e una propensione al rischio, qualità che non sempre erano centrali nel ruolo tradizionale.

Diversi developer e Chief Technology Officer, sottolineano in proposito l’importanza di affrontare problemi etici e bias, di selezionare dati affidabili e responsabili, di adattarsi rapidamente a nuovi strumenti di prompt engineering e di orchestrazione di agenti AI.

Sfide da vincere e opportunità da cogliere

La transizione che ho provato a raccontare e descrivere non è naturalmente priva di ostacoli e difficoltà. Per molti sviluppatori, soprattutto quelli con anni di esperienza su un singolo linguaggio o stack tecnologico, il passaggio a un ruolo più orientato ai dati può sembrare molto sfidante.

Tuttavia, vedo questo cambiamento come un’enorme opportunità. L’AI non sta sostituendo gli sviluppatori, ma sta ampliando il loro campo d’azione, permettendo loro di avere un impatto maggiore sulle decisioni aziendali. Non di meno, le imprese stanno investendo sempre di più nella formazione interna, offrendo corsi e certificazioni per aiutare i team a colmare il gap di competenze. Per chi è disposto a imparare, il futuro è pieno di possibilità, con ruoli che combinano creatività, tecnica e strategia. Come si legge su Business Insider, esperti della levatura di Pat Casey, CTO di ServiceNow, osservano la scomparsa delle mansioni più ripetitive e la nascita di profili generalisti orizzontali (incaricati di gestire sfide strategiche) e specialisti verticali capaci di affrontare problemi specifici a elevato valore.

Il consiglio che mi sento di rivolgere alla comunità dei developers è molto semplice, e spero diffusamente condiviso: abbracciare questa evoluzione e i suoi nuovi paradigmi, sperimentare in modo costante e non smettere mai di aggiornare le proprie competenze.

Il ruolo del software developer nell’era dell’AI non solo evolve, ma si trasforma, perché l’AI non elimina il ruolo umano ma lo amplifica e lo ridefinisce. Solo con questo approccio, le sfide da vincere oggi diventeranno le opportunità da cogliere doman